Al Grand Hotel Savoia: Trieste 1912 un secolo dopo
30 Luglio 2012
Feliciana Mariotti
Archivio 2012
(e.s.) A simbolo della letteratura triestina del secolo scorso c'è un libro caro a più generazioni, Il mio Carso, e c'è un autore, Scipio Slataper che in questo suo libro ha voluto presentare la sua “autobiografia lirica”, pubblicandola nel 1912 nelle edizioni dei Quaderni della Voce fiorentina.
“Vorrei dirvi: sono nato in Carso...Vorrei dirvi: sono nato in Croazia...Vorrei dirvi: sono nato nella pianura morava...Vorrei ingannarvi ma non mi credereste...Noi vogliamo bene a Trieste per l'anima in tormento che ci ha data”.
Con il libro è nato un mito, specchio di quell'irredentismo critico di opposizione e condanna, che scandalizzò il ceto triestino liberal nazionale, ricco d'impegno civile e sociale forte; mito suffragato dalla morte dell'autore avvenuta sul campo di battaglia già nel 1915, nel primo anno della Grande Guerra. Mito successivamente discusso e addirittura ignorato, scomodo ed ingombrante nella seconda metà del secolo scorso. A parlarne sarà la professoressa Cristina Benussi dell'Università di Trieste per iniziativa del CSBM e del commendator Santino Galbiati, fedeli all'appuntamento del Centro Congressi del Grand Hotel Savoia, venerdì 3 agosto alle ore 17.30.
Ad un secolo di distanza sarà questa l'occasione di rievocare il quadro di contesto che ha visto la prima fioritura nello stesso anno del meglio della letteratura triestina più nota che stava avviando il suo discorso: la poesia di Umberto Saba, quella di Virgilio Giotti; senza contare l'opposizione all'irredentismo di Angelo Vivante, autore di quell'Irredentismo adriatico, che ha visto anche questo la luce nell'ambito della Voce fiorentina; e a parlarne sarà il professor Fulvio Salimbeni dell'Università di Udine.
Si tratta di giovani autori della Mitteleuropa calati secondo tradizione a Firenze a stretto contatto fra di loro e tra essi c'è Giani Stuparich; faceva parte del gruppo anche Biagio Marin, amico di Slataper, che nel 1912 pubblica la sua prima silloge nel dialetto di Grado, Fiuri de tapo. Relatori sul tema sono i professori monsignor Pietro Zovatto per Umberto Saba, Edda Serra per Virgilio Giotti e Biagio Marin.
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