IL TESTIMONE DEL TEMPO: LO STORICO SCOIATTOLO UGO POMPANIN
24 Luglio 2019
Feliciana Mariotti
Archivio 2019
Foto Feliciana mariotti - www.ilnotiziariodicortina.com
Lo scorso 30 giugno, a Passo Giau da Claudia, Diego e Igor Valleferro, il Gruppo Scoiattoli di Cortina ha festeggiato 80 anni di attività. In quell’occasione abbiamo incontrato lo scoiattolo storico Ugo Pompanin “Baa”.
- Che cosa ricorda di quel periodo?
Innanzitutto una precisazione io posso parlare degli anni 1945-’50, non prima perché anche se ora sono rimasto l’unico dei più vecchi, ho 93 anni, non faccio parte dei fondatori, che sono stati: Albino Alverà “Boni”, Silvio Alverà “Boricio”, Romano Apollonio “Nano”, Angelo Bernardi “Alo”, Ettore Costantini “Vecio”, Siro Dandrea “Cajuto”, Giuseppe Ghedina “Tomasc”, Luigi Ghedina “Bibi”, Bortolo Pompanin “Bortolin”, Mario Zardini “Zesta”; grandi amici, purtroppo se ne sono andati tutti. A questo tenace gruppo, accomunati dalla passione sportiva (alcuni erano grandi sciatori, altri arrampicavano e altri ancora giocavano a hockey) se ne aggiunsero altri.
Ricordo Romano Apollonio “Nano” era un grande campione italiano di pattinaggio di velocità (nel 1941-’42, a Bardonecchia, conquistò il titolo nazionale assoluto sulle distanze 1.500, 5.000 e 10.000 metri). Insieme ad Albino Alverà “Boni” fu uno dei componenti più attivi nei primi anni del Gruppo. Stava studiando veterinaria a Milano ed era stato richiamato dalle truppe tedesche, una sera gli amici di Università partigiani lo videro con la divisa militare e lo uccisero. Era il 21 marzo 1945. Dopo l’8 settembre del 1943 i tedeschi spostarono il confine del Reich a Dogana Vecchia, tra Cortina d’Ampezzo e San Vito e fummo costretti a vestire la loro divisa. Anch’io ho ricevuto tre cartoline di richiamo, se uno non si presentava sotto le armi, i tedeschi lo prendevano con tutta la famiglia, lo spedivano a Bolzano e, da lì, veniva mandato in Germania nei campi di concentramento.
-Come sono stati i suoi esordi?
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Ettore Costantini “Vecio”, il padre di Claudia Valleferro, ci ha insegnato tanto nel periodo della guerra ed era molto bravo. Aveva cinque anni più di me. Era stato esonerato dal servizio militare per un incidente d’infanzia. Ricordo che non avevamo nulla per spostarci e andavamo sempre a piedi, anche se dovevamo arrivare alle Tre Cime. Ho arrampicato molto con Albino Alverà “Boni”
- Che cosa ci può dire di questa ricorrenza?
Sono felice. Mi spiace solo che recentemente sia scomparso mio cugino Bortolo Pompanin “Bortolin” che aveva quattro anni più di me. L’ultimo dei fondatori se ne è andato il 14 gennaio scorso. Fu maestro di sci, guida alpina dal 1951 e membro del Soccorso Alpino, giocò a hockey nella squadra nazionale, praticò la disciplina del salto con gli sci. Dopo di me, quello che più si avvicina alla mia età è Candido Bellodis “Fantorin” che arrampicava con Beniamino Franceschi “Mescolin”, poi ci sono alcuni ragazzi del 1939, tra questi Carlo Gandini e Lorenzo Lorenzi “dai Pale”.
- Quando entrò nel Gruppo Scoiattoli?
Sono entrato l’ultimo dell’anno del 1942 ed avevo 16 anni. Ti prendevano solo se sapevi arrampicare bene. Sotto i tedeschi, non partii soldato perché venni assunto una settimana prima all’Istituto Geografico Militare di Firenze, che i tedeschi avevano trasferito a Dobbiaco. Lavoravo lì e i tedeschi mi ritennero indispensabile, perché ero uno dei tre, su 1200 persone, che parlava tedesco in più arrampicavo. I tedeschi si erano accorti che in tutte le carte dei 25mila d’Italia mancava quella geografica della Valle Aurina, sotto la Vetta d’Italia. Per tutta un’estate con la scusa che arrampicavo abbiamo dovuto recarci lì per prendere le misurazioni per fare la carta geografica.
- Che cosa ne pensa dei giovani che arrampicano?
È tutta un’altra storia. prenda ad esempio mio nipote Gianluca, è malato di montagna, va ad arrampicare tutti i giorni quando è qui a Cortina d’Ampezzo.
- L’alpinismo come è cambiato?
Noi rischiavamo molto di più. Avevamo un’attrezzatura totalmente diversa: corde di canapa con il difetto che quando si bagnavano o prendevano umidità, diventavano dure, non passavano più per i chiodi. Avevamo scarpe del tutto particolari: erano come le pantofole alla cadorina; mia madre aveva tagliato la suola e con dello spago l’aveva cucita al tessuto di juta. Quando arrampicavamo avevamo la sensazione di avere sotto il sapone e si scivolava di brutto. Salivamo sulla roccia aiutandoci moltissimo con le braccia, quando invece dovevamo usare le gambe. I ragazzi oggi fanno tanta palestra e si allenano molto di più di quello che eravamo soliti fare noi. Anche i chiodi erano diversi, oggi usano quelli a espansione, sono più sicuri e sono difficili da estrarre. I nostri erano tutt’altro. Nel 1947 o nel 1948 feci la prima ripetizione della via Cassin con il famoso alpinista vicentino Gino Duilio Soldà. Ci alternavamo nella salita. Nell’ultima cordata, più difficile, Soldà mi chiese: “Adesso Ugo come facciamo a salire? Gli domandai: “Perché?” e lui mi rispose: “Perché non hai tolto nessun chiodo, non ho sentito nemmeno un colpo di martello”. Io, che li avevo tolti tutti con le mani, indicandoli, gli comunicai: “Questi sono i tuoi e quelli i miei, ne abbiamo abbastanza per compiere gli ultimi 50 metri”. Non ha più parlato, anche perché se lui volava, saremo andati giù entrambi. I giovani sicuramente e per fortuna sono più sicuri, ma noi non andavamo ad arrampicare per ammazzarci. Dopo la guerra parlando tedesco e francese conobbi tanti alpinisti dell’Europa dell’est, l’80% di loro è morto, quelli del nostro gruppo sono quasi tutti tornati a casa, ad eccezione di Albino Michielli “Strobel”, che scomparve nel 1964, precipitando da un facile passaggio della Torre Falzarego. Erano mesi che aveva male a un braccio.
Gli Scoiattoli non hanno solo aperto vie, scalato cime in Italia e nel Mondo. Hanno avuto un ruolo importante anche nel soccorrere persone in difficoltà. Anche lei ha avuto un ruolo fondamentale?
Mi sono dedicato per 56 anni al Soccorso Alpino. Molte volte mi sono prestato ad aiutare le persone soccorse, fornendo loro anche cibo e vestiario necessario, poche volte le persone mi hanno ringraziato, ma come tutto il gruppo quando c'è bisogno tutti danno una mano, soprattutto quando si è in difficoltà.
Feliciana Mariotti - www.ilnotiziariodicortina.com
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