La presidente di ANEF Valeria Ghezzi al convegno di Legambiente
I gestori degli impianti a fune sono consapevoli di operare in ambienti delicati e sono i primi ad avere a cuore la tutela della montagna - ha spiegato la presidente di Anef Valeria Ghezzi nel suo intervento di ieri nel convegno “Nevediversa – il turismo invernale ai tempi della transizione ecologica”, organizzato da Legambiente a Torino -. Per noi, e per le intere comunità che contribuiamo a sostenere, le ‘Terre alte’ sono patrimonio e prodotto. Siamo quindi ben disposti a dialogare con chiunque voglia collaborare costruttivamente. Perché si costruisca bisogna però partire da dati di realtà. Sentiamo spesso, per esempio, parlare in termini negativi della neve tecnica, quando questa non è composta che di sole acqua ed aria, senza nessun additivo. Acqua che viene semplicemente presa in prestito in autunno per essere naturalmente rilasciata nell’ambiente in primavera. Si considerano gli impianti come “ferite” alla montagna quando sono mezzi di trasporto a emissioni zero che rendono accessibili le vette, o di disboscamenti selvaggi quando la superficie boschiva è in crescita in tutte le Alpi (solo lo 0,03 % del suolo italiano è occupato da piste/impianti). Ci si preoccupa per le elevate emissioni quando impianti e sistemi di innevamento funzionano con energia elettrica per la maggior parte ricavata da fonti rinnovabili. È bene poi sapere che la stragrande maggioranza delle emissioni collegate a una giornata di sci sono legate agli spostamenti dalle città, sostanzialmente uguali se poi in montagna si scia o si va a fare una ciaspolata.
Per gli impiantisti è vitale lavorare in un’ottica di sostenibilità: ambientale, sociale ed economica - ha continuato la presidente Valeria Ghezzi -. Solo coniugando questi tre aspetti è possibile mantenere un equilibrio tra la tutela dei territori e la tutela delle comunità che vivono in montagna. Alle sfide che pone il futuro, le società impianti rispondono con i fatti, tanti progetti e azioni che testimoniano attenzione, cura e una grande volontà di tutelare l’ambiente in cui vivono e operano. Il primo passo per arrivare a minimizzare emissioni e consumi e quindi costruire imprese sostenibili, è essere consci del proprio impatto sull’ambiente. Le certificazioni ambientali che sempre più località turistiche stanno ottenendo portano a prendere coscienza di quanto si consuma, di quanto si inquina e di cosa bisogna fare per migliorarsi.
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Impianti, energia, tecnologia e buone pratiche
Innanzitutto, una premessa: gli impianti di risalita utilizzano motori elettrici, quindi non emettono direttamente gas climalteranti. Anche l’impatto sonoro è sostanzialmente inesistente, a maggior ragione nelle realizzazioni di ultima generazione che utilizzano l’azionamento diretto che riduce il numero di meccaniche in gioco garantendo meno rumore ed anche l’abbattimento dell’utilizzo di oli lubrificanti.
Per fare un esempio, l’impianto Cortina Skyline che collega tra la ski area delle Tofane a Cortina e la ski area 5 Torri, ha permesso, nel primo inverno di utilizzo, di ridurre del 45,3% le auto che hanno percorso quella tratta. Questa riduzione si traduce in un risparmio di percorrenza di 280.602 km con una riduzione di emissioni, considerando anche la soppressione del servizio di skibus, di un totale di 106 tonnellate di CO₂.
Il problema è, come nel caso delle auto elettriche: ma l’energia da dove arriva? Intuitivamente è facile pensare che la vicinanza alle centrali idroelettriche faccia sì che l’energia utilizzata sia pulita. Ma questo non basta, ecco allora che entrano in gioco i contratti che certificano l’utilizzo di “energia verde”, la maggioranza di quella effettivamente utilizzata per impianti e sistemi di innevamento.
Nella foto: Valeria_Ghezzi_presidente_ANEF_Photo_credit__Monica_Condini
Ci sono esempi particolarmente virtuosi come il Consorzio Skicarosello Corvara, che gestisce gli impianti tra Corvara, La Villa e San Cassiano, che ha preso in gestione impianti fotovoltaici e idroelettrici che producono oggi il 100% dell’energia che serve per far funzionare i 28 impianti di risalita.
Ogni attività umana, d’altra parte, ha un effetto sull’ambiente. E allora si può lavorare per ridurlo il più possibile e il resto compensarlo. Da anni Pinzolo, parte della Ski area Campiglio, ha intrapreso un percorso di sostenibilità che l’ha portata a diventare la prima ski area Carbon Neutral. Funivie Pinzolo Spa ha calcolato la sua Corporate Carbon Footprint (CCF), somma di tutte le emissioni di CO₂ che un’azienda produce in un dato periodo di tempo stabilito. Le 3.379,9 tonnellate di CO₂ prodotte tra maggio 2021 e aprile 2022 sono state compensate attraverso crediti di carbonio certificati generati grazie alla costruzione di una centrale idroelettrica in India nel distretto di Uttarakhand sul fiume Alaknanda. Azzerando le proprie emissioni è stato così realizzato anche un progetto di solidarietà a sostegno di popolazioni più povere.
La tecnologia porta aiuti concreti e decisivi per permettere il contenimento dei consumi. Pioniera in questo è stata Carezza dove negli anni sono state attuate numerose misure per sfruttare al massimo il potenziale di risparmio di un comprensorio sciistico. Per quanto riguarda l’innevamento, si sfruttano le finestre di freddo intenso, ovvero con temperature vari gradi sotto lo zero e umidità bassa, in questo modo si “produce neve” con la massima resa. A tal fine è necessario un impianto moderno (completamente digitalizzato), potente, e disponibilità d’acqua, così in 3/4 giorni si può creare buona parte della neve che servirà per tutta la stagione. In più il monitoraggio della quantità reale di neve al suolo permette di evitare sprechi e di produrre neve dove realmente serve. Per quanto riguarda la manutenzione delle piste, i mezzi battipista di Carezza sono costantemente monitorati e hanno percorsi prestabiliti per evitare più passaggi in uno stesso punto. Oltre a questo, una serie di piccoli e grandi accorgimenti hanno permesso di arrivare ad un risparmio energetico del 20/30% di gasolio ed energia elettrica.
Sostenibilità sociale, economia e ambientale
Dal 2019 la Skyway Monte Bianco, la funivia che porta fino ai 3.466 metri di Punta Helbronner, nel cuore del “Tetto d’Europa”, redige un bilancio di sosteniblità che rispetta il quadro dei Sustainable Development Goal indicato dalle Nazioni Unite all’interno dell’agenda per lo Sviluppo Sostenibile 2030. Skyway è il simbolo del turismo accessibile e della possibilità per tutti di arrivare ad alta quota e un “naturale” laboratorio di sostenibilità perché proprio qui, oltre ad ammirare la natura nella sua maestosità, se ne possono intuire i cambiamenti e la fragilità. Skyway Monte Bianco ha implementato una serie di pratiche e procedure finalizzate al controllo e alla minimizzazione dei consumi di risorse energetiche e naturali, in particolare energia elettrica e acqua, privilegiando l’acquisto di energia autoprodotta o prodotta da fonti rinnovabili, l’utilizzo di mezzi di trasposto aziendali elettrici e tante altre iniziative e buone pratiche. Tutte le azioni e le forniture sono controllate perché vengano privilegiate quelle a basso impatto ambientale o che utilizzano materiali riciclati. Questo si innesta in una concezione generale che parte dal presupposto di valorizzare la naturalità e la biodiversità del territorio dando allo stesso tempo grande valore all’inclusività e alla sostenibilità sociale.
Un esempio che rappresenta alla perfezione cosa gli impianti di risalita rappresentino per intere comunità montane è quello di Funivie Arabba. L'azienda si sta impegnando nella realizzazione di iniziative e servizi che diano valore al territorio. Proprio per questo Funivie Arabba è la prima società funiviaria a diventare Società Benefit. Un’operazione pionieristica anche al di là del mondo degli impianti di risalita. L'obiettivo è quello di creare un’azienda che oltre agli obiettivi di profitto abbia lo scopo di produrre effetti positivi sulla società e sulla comunità. Questa operazione ribadisce quello che gli impianti di risalita e il mondo dello sci rappresentano per il turismo montano con l'obiettivo di offrire valore e lavoro anche al di là della stagione sciistica.
“Alcune località di montagna sono immerse in un circolo vizioso di rassegnazione e pessimismo - spiega Diego De Battista, CEO di Funivie Arabba - Nell’ottica dello sviluppo globale attuale, siamo testimoni di un innalzamento medio della qualità dei servizi, a cui si accompagna il fatto che la gente si abitua ad avere sempre di più e a dare per scontate sempre più cose. Esiste una soglia critica di rapporto tra residenti e servizi, sotto la quale il settore pubblico fatica a giustificarne la fornitura. È perciò quasi inevitabile, che in zone demograficamente poco dense come le valli di montagna, certi servizi, che nelle realtà urbane sono offerti dal settore pubblico, vengano a mancare”.
Questo è alla base di processi come lo spopolamento della montagna e anche realtà floride come quella del comprensorio di Arabba e della Marmolada, che possono contare sul Sellaronda e sulla Regina delle Dolomiti, non devono adagiarsi ma, al contrario, implementare nuove progettualità a lungo termine.
“Gli impianti a fune non devono essere giudicati importanti unicamente perché creano posti di lavoro. Al contrario, essendo di fatto il motore economico trainante di queste valli, possono e devono dare un qualcosa in più per far sì che la gente voglia continuare a vivere qui e creare a loro volta valore per il territorio”, ha concluso De Battista.
L’attività imprenditoriale vuole quindi affermarsi come soggetto in grado di mantenere vivo il territorio attraverso progetti che vanno oltre il pur essenziale concetto di valore economico.
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